Lo Stato alza l’asticella

Lo Stato alza l’asticella

4 Novembre 2019 Non attivi Di passamontagna

In occasione del processo di tre compagn*, accusat* di « minaccia ai beni di un rappresentante dell autorità pubblica », per aver cantato un coro,

cerchiamo di mettere insieme un po’ di pezzi e fare qualche considerazione.


L’estate inizia con il fermo alla PAF (Polizia di frontiera) di due solidali. Durante il fermo é stata effettuata una perquisizione al domicilio di uno dei due. Non sembra che ci siano motivi reali, e non é scattata nessuna denuncia. Soltanto un altro episodio di accanimento poliziesco contro i/le solidal*.

Nella stessa sera le guardie, a Briancon, tentano di entrare nel terreno privato dove alcun* compagn* dormono nei loro furgoni. Si capisce che non hanno nessun tipo di mandato, e vengono caldamente invitati ad andarsene. Una compagna viene accusata di oltraggio. E stata processata il 17 Settembre, e condannata a pagare 270 euro per danni morali, e 1200 di multa e spese di giustizia.

Nel mentre, erano già scattate le convocazioni e i fermi per la manifestazione del 20 Febbraio 2019. Tre compagnx vengono fermatx, l’uno dopo l’altro, con un mandato di ricerca. Le guardie sembrano interessate di più a chi ha «organizzato» la manifestazione piuttosto che ai fatti specifici : sono stati processati giovedì 17 ottobre ; il PM richiede 4 mesi di condizionale e 3000 euro di multa per danni morali. Per un coro (« Jerome Boni, chef de la PAF, on va tout casser chez toi – Jerome Boni, capo della Polizia di frontiera, spaccheremo tutto a casa tua »).

Una di quest* tre compagn* era stata fermata proprio durante la manifestazione al Monginevro del 20 aprile ( vedi comunicato). In seguito a questa iniziativa sono scattate quattro convocazioni e due fermi (GAV). Sono accusatx di blocco, travisamento e resistenza in concorso, ma anche in questo caso, sembra che l’interesse sia altrove : chi ha organizzato la manif, come, perché.
 Il 2 Ottobre, invece, si é svolto il processo di K., un compagno accusato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina perché fermato con persone senza il buon pezzo di carta in macchina in zona di frontiera; il PM chiede 4 mesi di condanna (con condizionale). La sentenza é stata data il 23 ottobre : 2 mesi di condizionale.

Il giorno dopo la sentenza, cioé il 24, un altro solidale, P., é stato processato con la stessa accusa : come ci scommettevamo, le richieste sono più o meno le stesse (3 mesi di condizionale per lui).

L’ultimo episodio risale al 27 settembre, quando un compagno italiano è stato fermato nelle vigne in Francia mentre lavorava e portato in questura. É stato interrogato sulla manifestazione del 22 settembre 2018 a Monginevro, in occasione del campeggio Passamontagna. A lui viene contestato il reato di manifestazione non autorizzata e resistenza. Strano che per questo la polizia francese se lo vada a prendere direttamente tra le vigne. Anche lì le domande vertevano sui presunti « organizzatori » della giornata. È chiaro che il suo nome è stato passato direttamente dalla Digos italiana alle guardie francesi.

Sembra che questa collaborazione assuma dei contorni sempre più stretti e definiti, anche  per quanto riguarda la dinamica e la logistica dei respingimenti sul confine. La polizia italiana va ormai da qualche mese a prendersi le persone respinte direttamente negli uffici della PAF, cosa mai successa prima.

Al secondo piano della gendarmerie di Briancon si trova l’ufficio dedicato alle « questioni » di frontiera. Con tanto di manifesti e adesivi attribuiti al movimento attacati sulle pareti dietro alle scrivanie, stile inchiesta per omicidio all’americana.

Ci sarebbe quindi un’inchiesta piu larga aperta ? Forse. Probabile.

Contemporaneamante, é chiaro che questo continuo accanimento fa parte di una strategia che cerca di creare il maggior disagio possibile alle persone solidali e che si muovono attorno a questa frontiera.

Questa strategia  va di pari passo con la logica di controllo e repressione delle persone che continuano a cercare di attraversare il confine del Monginevro, fuggendo da condizioni e prospettive di vita devastate da quegli stessi stati che l’apparato poliziesco protegge.

Non si tratta di bloccare completamente né le attività solidali al confine, né il passaggio delle persone, bensì di creare condizioni nelle quali le prime paghino sempre di più il prezzo del loro agire, e le seconde vengono sistematicamente schedate, percosse, molestate in modo che sia chiaro qual è e quale sarà la loro condizione dovunque vadano.  Definit* e trattat* come « umanità in eccesso » dallo stesso sistema politico ed economico che li/le necessita ricattabil* e impaurit*, e che li/le tiene sotto costante minaccia grazie a dei pezzi di carta chiamati documenti.

Proviamo ad allargare ancora un po’ la prospettiva. Lo Stato Francese durante l’ultimo anno ha attuato una repressione molto forte sul movimento dei Gilets Jaunes, forte sia in termini di numero di persone arrestate e processate che di peso delle condanne.

Questi avvenimenti hanno in qualche modo riattualizzato la consapevolezza che la repressione é volta a sanzionare ogni forma di dissenso, cercando tuttavia di recuperarlo attuando una rigida logica di differenziazione, tra chi manifesta in modo « democratico », e quindi facilmente depotenziabile o riassorbibile, e chi non.

Vero è che gli spazi di dissenso accettati da questa democrazia sono sempre più ristretti, e che ormai anche un coro o una manifestazione non autorizzata vanno a processo, ma non è una novità che quando lo stato si sente in pericolo (o troppo forte) cerca di restringere attraverso la retorica della « sicurezza » ogni agibilità politica di chi vi si oppone.

Lo stato francese non ha ancora acquisito l’esperienza dello stato italiano in termini di costruzione di reati associativi. Ma si sta sperimentando (basta interessarsi all’inchiesta in corso sulla « associazione de malfaiteur » a Bure per capirlo). Come sta sperimentando la nuova agibilità che i più recenti decreti-legge, come la famosa « loi anti-casseur » gli concedono.

Lo stato alza l’asticella della repressione e del controllo sociale. Nuove leggi anti-terrorismo, contro il degrado, accordi per i rimpatri con sempre più paesi, tecnologie di controllo ed identificazione sempre più sofisticate. Telecamere a riconoscimento facciale, DNA, controlli incrociati di gps e dati telefonici…

 

Lo stato alza l’asticella.
Noi non dobbiamo abbassarla, ma distruggerla. Almeno quella è la tensione…