SULLO SGOMBERO

SULLO SGOMBERO

29 Marzo 2021 Non attivi Di passamontagna

Da ormai un anno la pandemia ha stravolto la vita di miliardi di persone, e nel mondo distopico dove si legittima l’incremento enorme di sistemi di sorveglianza e controllo con la dottrina della guerra al virus, in cui tutto è illegale eccetto andare a lavorare, gli sgomberi e gli sfratti non si fermano.
Dopo due anni e mezzo dalla sua apertura, è stata sgomberata la Casa Cantoniera Occupata, il rifugio autogestito di Oulx.
All’interno della Casa era pieno di persone: la pandemia non ha mai fermato chi è in viaggio senza il privilegio di avere un posto in cui fermarsi.

Occupata nel dicembre del 2018, era un luogo nato per dare solidarietà alle persone che volevano attraversare il confine italo-francese al Colle del Monginevro. Un luogo di lotta e di autorganizzazione, contro tutte le frontiere e i dispositivi militari e politici che cercano di controllare e selezionare.
Un rifugio libero per tutte e tutti coloro che credono che la terra non abbia confini né padroni, e che chiunque debba avere la libertà di scegliere dove e come vivere. Un’occupazione che ha fatto della solidarietà attiva e quotidiana la sua base, e che ha cercato di intralciare quelle leggi razziste che rendono le frontiere e i loro controllori una linea maledetta e assassina. Un luogo che ha sostenuto un preciso indirizzo di lotta, che ha indicato uno strumento pratico a chiunque volesse combattere attivamente le politiche segregazioniste di questa Europa omicida.
Sulle nostre Alpi le persone sono costrette a camminare su sentieri di alta montagna, nascondendosi solo perché privi del “buon” pezzo di carta, mentre merci e turisti, per cui questa frontiera è invisibile, passano tranquillamente. Così come nei boschi in Croazia e in Bosnia, dove la polizia picchia e ruba, massacrando i piedi della gente per farla smettere di camminare. Dal deserto di Tamarasset al Mar Egeo e in tutto il Mediterraneo, dove è in corso un genocidio cosciente, fatto di prigioni e motovedette pagate dall’Unione Europea, dove le persone continuano a morire mentre i governi si impegnano nel bloccare le navi-soccorso e reprimere ogni forma di solidarietà. Parte di questo genocidio è qui, tra i nostri monti, e continua di giorno in giorno.

La Casa è stata sgomberata martedì 23 marzo; sono arrivati alle 7 del mattino: la solita sfilza di celerini, carabinieri, digos. Ci hanno messo più di un’ora e mezza a entrare.
Più di 60 persone, tra cui molte famiglie con minori, sono state fatte uscire e portate via.
Fondamentale è stato l’apporto dei pompieri, che hanno posizionato le scale per poter entrare dal tetto e hanno aiutato la digos a sfondare le barricate di protezione che non riuscivano ad aprire. Lo sgombero ha visto anche la collaborazione della croce rossa, che ha montato una tenda davanti alla Casa per fare i tamponi anti-covid.
Le persone “senza documenti” e le famiglie, sono state portate in dormitori di prima accoglienza tra Susa (nel convento delle suore), Bardonecchia (all’associazione Alveare), e Oulx (al rifugio dei salesiani). Chi senza famiglia, è stato portato alla caserma di polizia di Bardonecchia per l’identificazione e poi lasciato andare.
Ora, al rifugio dei salesiani di Oulx, nessuno può entrare se non è “autorizzato”. Polizia e la digos in queste ore sono molto presenti e opprimenti in tutta la zona di frontiera. In paese sono fisse alcune camionette di celere. Il sindaco ha chiesto espressamente ai cittadini di denunciare ogni persona “sospetta” che si aggira in Oulx alle forze di polizia, dopo il tanto desiderato sgombero.

La responsabilità di questo sgombero è tutta politica.

Dalla prefettura al comune di Oulx (lo sgombero è stato richiesto dal primo giorno di occupazione e il sindaco Andrea Terzolo, eletto quasi due anni fa, ci ha fatti/e parte della sua campagna elettorale). Dagli stati, italiano e francese, ai loro bracci armati, polizie varie e digossini. Dall’anas (ente proprietario di decine di case abbandonate da decenni in tutta Italia – così come dell’immobile di Oulx – che ha sporto subito denuncia contro gli occupanti) al meschino giornalismo nazionale, che si è impegnato a diffamare quel luogo in tutti i modi possibili. Tutti hanno avuto un ruolo attivo nel
criminalizzare questa esperienza e renderne materialmente possibile la chiusura.
E ci fa ancora più rabbia sapere che proprio l’anas, che ha trascinato 24 di noi (più i 13 compagni/e solidali presenti all’interno della Casa al momento dell’ingresso degli sbirri) in un processo per occupazione iniziato per ironia proprio la mattina dello sgombero, ha messo in vendita 100 case cantoniere. Si parla di riconversione in bar, ristoranti, stazioni di ricarica per auto elettriche. Saranno contente le persone libere di viaggiare dove vogliono, di bere caffè e ricaricare le loro lussuose auto su una strada sporca del sangue di chi deve camminare di notte, nascondendosi dalle botte degli sbirri e dalle grinfie di un sistema d’accoglienza che ingrassa molte tasche sulla pelle della gente.
Ora arriveranno anche centinaia di migliaia di euro ai comuni frontalieri per la “gestione dei migranti”, nuova merce. Almeno 600mila euro a Bardonecchia, più 162mila euri al comune di Claviere.

E a tal proposito, dall’altro lato della faccia esplicitamente repressiva, le responsabilità “invisibili”.
Anche durante la giornata dello sgombero, rainbow for africa, ha giocato il suo ruolo di associazione buona che fornisce riparo ai migranti buttati fuori dal terribile rifugio anarchico: la stessa ONG che da tre anni lavora tra Bardonecchia e Oulx per dare una risposta istituzionale ai “flussi migratori”, cercando di disincentivare le partenze offrendo soluzioni irreali di un’accoglienza che è solo un business; la stessa che da poco ha vinto un bando per fare tamponi a Torino e cerca di trovare legittimità anche all’interno di spazi occupati.
Sappiamo che organizzazioni del genere si avvalgono di volontari che cercano solo di dare una mano, e che lo fanno con il cuore. Ma il funzionamento e le scelte politiche operate da questa ONG hanno conseguenze specifiche, responsabilità precise che rifiutiamo, e ci teniamo a ricordarlo. Il presidente, Paolo Narcisi, inoltre, ci ha sempre diffamati/e.
E allo stesso modo respingiamo tutte le buone parole di richiamo alla solidarietà cattolica che abbiamo ascoltato in questi giorni dall’arcivescovo di Torino Nosiglia, come del resto quelle del vescovo di Susa Confalonieri qualche anno fa. Entrambi uomini di quella Chiesa che da una parte fa finta di parlare di aiuto e carità e poi si applica a permettere gli sgomberi (processo sull’occupazione del sottochiesa di Claviere in corso) e di porre fine a concrete e dirette esperienze di solidarietà.

In conclusione: lo sgombero della Casa Cantoniera è parte di una repressione globale contro la libertà di movimento, contro luoghi solidali e spazi occupati dove organizzarsi in libertà. Ovunque in Europa gli spazi di lotta sono sotto l’attacco repressivo degli stati. La militarizzazione dei confini e la normalizzazione dei push back e dei rimpatri all’interno e all’esterno dei confini europei viene nutrito dai sentimenti sempre più razzisti e fascisti della società e della politica. Intanto, chi continua a fornire solidarietà alle persone in movimento e si rifiuta di entrare in questa logica razzista e normativa é continuamente sotto attacco.
Su questa frontiera, numerosi sono i processi in corso per favoreggiamento all’immigrazione clandestina (due grossi procedimenti nei prossimi mesi sul lato francese). Molte le persone indagate, per iniziative, azioni, occupazioni, cortei in frontiera su entrambi i lati.
La repressione nei confronti delle persone di passaggio si manifesta con un visibile aumento della militarizzazione, delle violenze sempre più serrate, e ora in controlli anche nelle strutture in cui sono ospitate.
Eppure la gente continua e continuerà a passare, perché la voglia e la determinazione di decidere dove vivere, non si fermerà mai.

Ringraziamo di cuore tutte/i coloro che in questi anni sono state/i solidali con quest’esperienza, dalla valsusa – che suo malgrado è costretta ad ospitare questa infame frontiera, ma dove abbiamo trovato moltissimi/e amici e sorelle che hanno condiviso con noi questa lotta – e da ogni angolo del mondo.

Ora la necessità di ricostruire solidarietà reale è grande. C’è bisogno di tutto, c’è bisogno di riorganizzarsi. Verrà chiamata un’altra assemblea aperta, anche nel tentativo di dare una risposta alla repressione sempre crescente.
Si è anche in ricerca di un mezzo collettivo, che sia un furgone o una macchina grande, per poter continuare a essere presenti in frontiera. Se qualcuno/a ha dei mezzi (a poco prezzo:), o materiali utili, può scriverci.

Ogni contributo è benvenuto.
Sempre contro ogni frontiera.
Torneremo.
Alcune e alcuni nemicx delle frontiere