Niger: rivolte nel centro dell’UNHCR di Agadez. Bruciato un ufficio partner dell’ONU e la sede della polizia. Muore negli scontri ragazzo sudanese di 27 anni.

Niger: rivolte nel centro dell’UNHCR di Agadez. Bruciato un ufficio partner dell’ONU e la sede della polizia. Muore negli scontri ragazzo sudanese di 27 anni.

28 Maggio 2022 Non attivi Di passamontagna

Durante gli scontri tra rifugiati e gendarmi, un sudanese di 27 anni è stato ucciso mercoledì 25 maggio nel centro dell’UNHCR di Agadez, in Niger.

Pare che al mattino presto, i gendarmi siano arrivati nel campo per identificare una persona sospettata di aver ucciso due mucche appartenenti a un vicino allevatore nigeriano.

Non si sa ancora bene cosa sia successo: per alcuni un sit-in pacifico é stato attaccato violentemente dalla polizia, che ha preso d’assalto il campo. Per altri – polizia e UNHCR – sono stati i migranti che hanno preso di mira la polizia e hanno iniziato a lanciare pietre contro di loro.

Negli ultimi si stanno moltiplicando le ribellioni e le proteste davanti o nelle sedi dell’UNHCR e dell’Oim, responsabili di attuare le politiche repressive, di selezione e di respingimento europee.

La rabbia monta, e inizia ad esplodere sempre più frequentemente.

I gendarmi hanno iniziato a sparare – teoricamente colpi “di avvertimento” – e a usare gas lacrimogeni per disperdere la folla. Durante gli scontri, un uomo è caduto a terra ed è morto. Non si sa ancora per quali ferite riportate, se da arma da fuoco o altro.

La rivolta é durata varie ore, e un ufficio di uno dei partner dell’agenzia ONU e uno della polizia sono stati incendiati. Sono state inoltre trovate motociclette bruciate, riferisce l’ONU.

Il campo di Agadez ospita attualmente circa 800 richiedenti asilo e rifugiati, tra cui donne e bambini. La maggior parte di loro è arrivata nel centro dopo essere stata rimandata indietro dall’Algeria o dalla Libia.

La struttura di Agadez è già stata oggetto di proteste. Nel gennaio 2020, un centinaio di sudanesi ha dato fuoco al campo. Circa l’80% dei locali era stato distrutto. Gli emigranti protestavano contro le loro condizioni di vita, la lentezza del trattamento della loro pratica di asilo e chiedevano di essere reinsediati in un altro Paese.

Gli accusati, sono stati condannati in un tribunale di Agadez “con sursis“, la condizionale. Il loro avvocato ha accettato il verdetto, ma ha denunciato la loro vita quotidiana nel centro. “Questo campo è una specie di prigione a cielo aperto, perché i giorni [degli abitanti] sono sempre gli stessi. La vita di un essere umano non si limita a mangiare e bere. Tutti hanno dei sogni che vogliono realizzare”, ha dichiarato Rabiou Oumarou.

Un anno e mezzo dopo, è chiaro che la situazione non è cambiata nel centro. Un ragazzo sudanese che vive nel campo racconta che alcune persone vivono nel campo dal 2017. “Il nostro futuro è in pericolo, abbiamo bisogno di risposte e nessuno ce le dà”, dice. “Quando potremo avere una vita migliore, senza guerre e in sicurezza?”.