Borgo Mezzanone sciopera: se volete i pomodori, dateci le case e i documenti!
Ieri 10 agosto, in piena stagione del pomodoro, i lavoratori residenti sull’ex pista di Borgo Mezzanone hanno bloccato il ghetto – il maggiore bacino di reclutamento di tutto il distretto agricolo – dando vita ad uno sciopero che ha riguardato il lavoro di raccolta dell’intera provincia di Foggia. Fin dalle prime ore del mattino i lavoratori residenti sull’ex pista hanno deciso di non andare a lavorare e di dare vita ad una protesta davanti ai cancelli del CARA adiacente al ghetto, dove ha sede anche la Commissione Territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale.
Le richieste erano chiare: un cambiamento reale delle politiche migratorie che lasciano sempre di più migliaia di persone senza documenti, a partire dalle disposizioni dell’ultimo decreto Cutro, e soluzioni abitative per tutte le persone che abitano il ghetto di Borgo Mezzanone, anche alla luce dei recenti incendi – di cui l’ultimo due giorni fa – che continuano a distruggere le case, gli effetti personali, magari i documenti.
Ai dirigenti della Questura che si sono immediatamente recati sul posto i lavoratori hanno chiesto di interpellare anche la Prefettura e tutti i responsabili del campo container adiacente al CARA, contenente 130 moduli abitativi pronti all’uso da circa tre anni ma che non sono mai stati aperti.
I lavoratori ne chiedono l’immediata apertura senza aspettare la fine di agosto: una tempistica stabilita dal Prefetto senza senso, visto che i container sono pronti e che la stagione è cominciata da settimane.
La rabbia di fronte al rifiuto del Prefetto di recarsi sul posto, dove le persone in sciopero pretendevano di incontrarlo tutte insieme, ha spinto i lavoratori prima davanti al cancello del campo container chiuso e poi a fare irruzione dentro, iniziando un presidio di diverse ore tra quei moduli di cui mancano ormai soltanto le chiavi.
Le uniche risposte che il dirigente dell’Ufficio Immigrazione e il vice Questore sono riusciti a dare ai lavoratori sono state bugie e prese in giro. E alla domanda sul perché alcuni dei container fossero stati rimossi è stato risposto che erano stati portati al campo costruito per i lavoratori e le lavoratrici bulgare sgomberati qualche settimana fa a Stornara. Una guerra tra poveri istituzionalizzata.
Alla determinazione e l’insistenza del presidio la polizia ha soltanto risposto con gravi provocazioni durante tutta la giornata, arrivando ad inviare una camionetta della celere per intimidire e poi perfino ad estrarre una pistola in reazione a qualche calcio tirato ad un container dopo ore di attesa sotto il sole cocente.
Anche questa volta i responsabili istituzionali di questo sistema di sfruttamento e precarietà sono riusciti a fare muro davanti a chi avrebbe diritto ad una casa e non riesce nemmeno ad entrare in un container; a chi spaccandosi la schiena fa andare avanti l’economia di un paese intero, rischiando tra l’altro di morire di lavoro ogni giorno: come successo il 7 agosto nel ghetto di Rignano, dove un lavoratore maliano, Famakan Dembele è morto di fatica dopo una giornata di lavoro.
Il vostro silenzio non ci spaventa, noi andiamo avanti.
Case documenti contratti per tutt!
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Vogliamo le case, non ci danno neanche i containers! – comunicato dei braccianti in sciopero il 10 agosto
Siamo le persone che abitano nel “ghetto” di Borgo Mezzanone. Alcuni di noi vivono qui da tempo, altri sono arrivati da poco. Molti di noi lavorano in agricoltura, e da anni ci organizziamo in autonomia per avere una vita migliore. Siamo scesi in strada tante volte, abbiamo alzato la voce e trovato il modo per farci ascoltare, perché non accettiamo che la nostra vita dipenda da un documento, perché non è giusto essere sfruttati mentre molti fanno i loro interessi e si arricchiscono alle nostre spalle: i padroni, chi costruisce i campi dove viviamo, chi li gestisce, chi decide le politiche migratorie e spesso anche le organizzazioni che dovrebbero difenderci, come i sindacati.
Oggi 10 agosto manifestiamo davanti ai cancelli del CARA, il centro per richiedenti asilo costruito qui a Borgo Mezzanone nel 2005, nel quale si trova anche la sede della Commissione Territoriale per il diritto di asilo: un luogo importante per molti motivi. In questo campo nel 2021 sono stati installati decine di nuovi containers con i fondi della regione Puglia, che dichiarava di voler combattere lo sfruttamento e dare un posto migliore in cui vivere a chi stava nel ghetto. Oltre al danno, la beffa: quei container, che altro non sono che un nuovo ghetto, sono pronti all’uso, ma sono vuoti da due anni, mentre nelle scorse settimane decine di persone hanno perso la casa per gli ennesimi incendi divampati nel ghetto. Tutto questo proprio nel periodo di massimo affollamento dell’anno, quando sta per iniziare la raccolta del pomodoro.
Come ripetiamo da sempre, la vita nei centri di accoglienza e nei campi di lavoro non è la vita che vogliamo, tantomeno se dobbiamo vivere nelle tende o nei container, che non sono case vere, ma solo strutture precarie che arricchiscono che le costruisce e chi le gestisce, dove non siamo liberi e veniamo isolati. Lo sanno bene tanti di noi che vivono dentro il campo: il cibo è estremamente scadente, ci sono pochi posti e i container sono sovraffollati, ci sono pochissimi bagni e le condizioni igieniche, soprattutto d’estate, sono pessime. Abbiamo già protestato in prefettura e con la cooperativa che gestisce il campo molte volte per denunciare queste condizioni, ma poco o nulla è stato fatto. Nel frattempo, ci sono circa 130 nuovi container chiusi da anni, che potrebbero, nell’immediato, migliorare le condizioni soprattutto di chi ha perso la casa. Ma anche aprirli a fine agosto, come ha promesso il Prefetto di Foggia, sarebbe comunque troppo tardi. Non vi sembra assurdo? A noi sembra un’ingiustizia che non possiamo accettare.
Inoltre, come è ormai noto, il governo ha destinato più di 53 milioni dei fondi del PNRR al comune di Manfredonia per l’eliminazione del ghetto di Borgo Mezzanone e per trovare soluzioni abitative alternative per i lavoratori agricoli. A gennaio è stato firmato l’accordo per il progetto, che però ripete il solito copione e propone soluzioni inaccettabili: da un lato realizzare “foresterie” (cioè nuovi “campi”), dall’altro riadattare le borgate della bonifica o della riforma agraria, facendo una distinzione tra lavoratori stagionali e stanziali, come se la precarietà di vita e di lavoro a cui siamo costretti fosse una nostra scelta. Ignorando gli innumerevoli fallimenti di esperienze simili nel passato, si intende usare ingenti quantità di denaro pubblico (e quindi anche i nostri) per questioni che competerebbero ai datori di lavoro. Come se non bastasse, il governo non ha dato alcun segnale sull’approvazione di questo e degli altri progetti presentati dai comuni della provincia, e la scadenza era il 30 giugno: che fine faranno tutti questi soldi?
Già lo scorso 6 marzo eravamo scesi in strada a Foggia per chiedere chiarezza immediata alla prefettura sull’utilizzo di questi fondi e sottolineare l’inefficacia delle soluzioni proposte, e ci era stato risposto che era ancora tutto fermo.
Quel giorno abbiamo protestato anche contro i ritardi e i dinieghi della commissione territoriale, ricevendo la promessa di velocizzare i tempi delle risposte e di favorire la regolarizzazione. Ma oggi abbiamo anche nuovi motivi per protestare: con l’approvazione del decreto “Cutro”, le possibilità di avere riconosciuto un permesso di soggiorno si sono ulteriormente ristrette, mentre si parla di fare entrare 400 mila lavoratori con i decreti flussi nei prossimi 3 anni. E per chi è già in Italia e magari è costretta a lavorare “in nero” perchè irregolare, solo silenzio e baracche, rischiando ogni giorno la vita sul lavoro, per strada e anche nei luoghi in cui viviamo. Vogliamo un cambio di rotta immediato da parte della commissione territoriale, delle questure e del governo: non possiamo continuare ad attendere mesi e mesi per un documento o un appuntamento, ed è impressionante la gran quantità di esiti negativi alle domande presentate, anche quando soddisfano i già ristrettissimi criteri della legge. Contribuiamo in maniera decisiva all’economia di questa provincia e del paese ma non ci è concesso avere case normali in cu vivere. L’unico vero modo per farla finita con ghetti e caporalato, come dicono istituzioni e giornali, è darci un documento e rispettare i contratti collettivi che prevedono casa e trasporto per gli stagionali.
Per questo siamo qui davanti oggi: pretendiamo risposte precise e urgenti dal presidente della Regione, dal Prefetto e quindi dal Governo per quel che riguarda le case e i documenti.
Chiediamo quindi:
– Apertura immediata dei nuovi container per le persone che ne hanno necessità, a prescindere dal loro status giuridico e dal possesso di un documento. Nel frattempo, continuiamo a pretendere case per tutti;
– Che la commissione territoriale riduca i tempi di attesa e che rilasci pareri positivi a chi fa richiesta di protezione, considerando le condizioni di vita e di lavoro che da anni siamo costretti a sopportare;
– Un riscontro urgente, da parte dell’ente gestore, a seguito della denuncia della situazione all’interno del CARA.
Infine vogliamo chiarezza dalla Prefettura e dal Governo sui tempi e le modalità di realizzazione del progetto PNRR. Non accetteremo l’ennesima speculazione, siamo noi a dover decidere cosa farne. Le soluzioni di cui si parla in nessun modo possono essere costituite, ancora una volta, da centri di accoglienza, tendopoli o campi container.
Nessuna persona dovrebbe vivere per strada, in un ghetto ma neanche in una tenda o in un container. Tutt dobbiamo essere liberi di circolare liberamente, di scegliere la vita che vogliamo, liber da sfruttamento e violenza in tutte le sue forme, compresa quella istituzionale.
Per questo, oggi come ieri, non ci stanchiamo di ripetere che pretendiamo documenti e case per tutt subito e condizioni di lavoro che ci facciano vivere bene.