SABOTARE LA MACCHINA IMPERFETTA – Opuscolo

SABOTARE LA MACCHINA IMPERFETTA – Opuscolo

6 Febbraio 2024 Non attivi Di passamontagna

Da No Cpr Torino

SCARICA QUI L’OPUSCOLO – Sabotare-la-macchina-imperfetta – DEPORTAZIONI E RESISTENZE DENTRO E OLTRE IL CPR DI PIAN DEL LAGO (CALTANISSETTA)

In un contesto nazionale e più in generale internazionale di guerra alle persone migranti, non possiamo fare a meno di notare come le condizioni disumanizzanti imposte da accordi, decreti e pacchetti di leggi si rinnovino rapidamente. Nuove forme di detenzione amministrativa – come quella in frontiera con espulsione immediata prevista dal decreto Cutro oppure quella prevista oltre i confini nazionali ed europei, come nel caso dell’Albania – vengono sperimentate anche sotto la copertura del segreto di Stato; inoltre, si riduce drasticamente, a favore del secondo ovviamente, la differenza tra il supposto sistema di accoglienza e quello di detenzione amministrativa, attraverso la costruzione di forme di trattenimento semidetentive. 

Tentando di andare oltre un mero apporto di visibilizzazione della violenza della Stato contro le persone razzializzate, che rischia di essere perlopiù strumentale agli interessi delle stesse opposizioni che hanno contribuito nel tempo a costruire la “fortezza europa” e i suoi strumenti di controllo, deportazione e tortura, riteniamo che riuscire ad analizzare i piani d’intervento del razzismo di Stato si pone oggi come obiettivo estremamente urgente e necessario.

Pubblichiamo di seguito, al fine di fornire strumenti utili per partecipare alla discussione, alcune riflessioni sulla detenzione amministrativa in Sicilia, sull’impatto e la sua funzione in quel territorio – Cpr come strumento di gestione dell’”ordine pubblico” e del “decoro” –, ma anche riguardo alla polifunzionalità dei centri per persone migranti e la stretta correlazione tra questi e il carcere.

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In Sicilia ci sono tre Cpr, a Caltanissetta Pian del Lago, Trapani Milo, e nelle campagne tra Modica e Pozzallo. Nessuno di questi tre centri è “solo” un Cpr, ma in tutti e tre i casi si tratta di strutture polifunzionali che a seconda dei casi possono contenere anche un centro di prima accoglienza, l’ufficio immigrazione o tutti e due. In tutti i tre casi, stiamo parlando di strutture altamente militarizzate e sorvegliate, lontane dai centri abitati e difficili da raggiungere.

I Cpr in Sicilia non operano da soli. Quando pensiamo ai Cpr, dobbiamo visualizzare anche le altre strutture, strettamente per migranti e non, che operano in sintonia con i Cpr.

Da un lato, in Sicilia ci sono hotspot: quello più noto a Lampedusa, quello quasi sconosciuto di Pantelleria (da cui la gente poi viene mandata per le restanti procedure al centro di identificazione di Trapani Milo dove sta anche il Cpr), quelli di Pozzallo, con la sua estensione a Contrada Cifali, e Messina, e il nuovo hotspot inaugurato nell’estate 2023 di Porto Empedocle (dove già prima c’era una zona di transito delle persone che sbarcavano nel porto cittadino). Da Lampedusa e da Pantelleria, poi, le persone appena sbarcate vengono portate verso la Sicilia con imbarcazioni di vario tipo, navi della guardia costiera e navi militari, ma anche con traghetti di linea e, ogni estate, attraverso l’affitto da parte dello stato di una imbarcazione (o più) di proprietà di vettori privati, nelle ultime due estati di proprietà della Caronte & Tourist, la stessa società che gestisce parte dei passaggi sullo stretto.

Il superamento delle navi quarantena non ha quindi significato la fine dell’utilizzo di mezzi galleggianti per portare avanti la macchina del confinamento, del contenimento e della detenzione. 

Il Cpr però non funziona soltanto come pezzo della catena della macchina della detenzione e della deportazione (che per alcunx può anche significare non finire in Cpr, ma in una condizione semi-detentiva come può succedere nei centri di accoglienza; ma per tuttx significa andare incontro al processo di categorizzazione, divisione, identificazione e a tutte le violenze connesse imposte dalla macchina). Il Cpr è sempre di più uno strumento di gestione dell’”ordine pubblico” e del “decoro” sul territorio. All’interno dei Cpr siciliani ci sono tanto le persone appena sbarcate che sono considerate deportabili (soprattutto persone provenienti dalla Tunisia), quanto tutte quelle soggettività illegalizzate, ma spesso indeportabili, che vivono da anni in Italia, soprattutto nelle città siciliane, ma anche nelle zone agricole dominate dall’agro-industria, e che, in caso di comportamenti considerati “pericolosi”, “antisociali” e così via, possono finire tanto in carcere quanto in Cpr, o fare uno prima e l’altro subito dopo[1].

In questo senso, i Cpr devono essere pensati in congiunzione con le 23 carceri che sono presenti sull’isola, facendo di quest’ultima una vera e propria colonia penale. Cpr e carcere operano in una sorta di continuum punitivo e disciplinante.

Infine, i Cpr siciliani vanno anche contestualizzati rispetto al contesto socio-economico in cui sono situati. A Caltanissetta, così come a Trapani, queste strutture polifunzionali per la detenzione si presentano e si posizionano come delle industrie che garantiscono lavoro in un territorio in cui, altrimenti, la prospettiva è emigrare appena compiuti i diciotto anni. Per chi resta, o chi ritorna, campare in Sicilia vuol dire in grandissima probabilità dover avere a che fare con una delle industrie estrattiviste o neocoloniali che depredano i territori siciliani: le basi militari, americane, della Nato e italiane, raffinerie e altre industrie energetiche (siano esse anche le tanto acclamate energie rinnovabili), turismo, agro-industria o sistema carcerario-detentivo. In queste industrie, che ben poco lasciano ai nostri territori se non la devastazione, lavorano tanto chi nei Cpr ci lavora, quanto chi nei Cpr ci finisce. Guardie e reclusi. In quest’ottica, a Caltanissetta, così come a Trapani, si può anche parlare di complesso industrial-carcerario. 

Sul fronte delle lotte, oltre a quanto raccontato nell’opuscolo, tra novembre e dicembre una serie di azioni all’esterno del Cpr hanno provato a riportare l’attenzione su tutti questi temi e a mettere in discussione l’immaginario di infallibilità statale e la pratica di morte delle deportazioni. 

Perché proprio ora? 

In che modo è stato fatto? 

Quale rapporto tra azioni di solidarietà e azioni dirette alla macchina della deportazione? 

Quale rapporto tra le azioni che chiudono i Cpr (fuoco e rivolte) e le azioni portate avanti fuori?

Come possiamo immaginare e strutturare una campagna/mobilitazione per la chiusura di questi centri? 

Queste alcune delle prime domande attraverso le quali vorremmo iniziare a stimolare il confronto prima, durante e dopo la presentazione.

[1] Su questi temi, è importante parlare di Cpr anche e soprattutto a partire dagli sgomberi fatti in questi mesi in luoghi abitati in prevalenza da persone migranti e razzializzate, come nel quartiere di San Berillo a Catania e prima ancora nel ghetto di Campobello di Mazara. Di seguito un comunicato scritto a seguito dello sgombero avvenuto a San Berillo: https://sanberillo.noblogs.org/post/2023/10/18/sullinvasione-di-san-berillo/