Sulla tre giorni PASSAMONTAGNA

Sulla tre giorni PASSAMONTAGNA

13 Giugno 2018 Non attivi Di passamontagna

LA RABBIA NON SI ARRESTA

Con il Campeggio Itinerante Passamontagna per tre giornate abbiamo camminato su strade e sentieri di queste montagne di frontiera.
Le abbiamo attraversate in corteo, tra canti, musica e cori. Abbiamo discusso e fatto assemblee, dibattiti sul dispositivo frontiera, sul sistema dell’accoglienza, sulla mercificazione e lo sfruttamento dei flussi migratori messo in atto dagli Stati.
Abbiamo attraversato quella linea immaginaria chiamata frontiera per ribadire che non la riconosciamo. Non abbiamo chiesto i documenti a nessuno. Contro ogni sistema che divide, categorizza e seleziona, contro il dispositivo repressivo che parte dai paesi di origine che gli stati occidentali ancora colonizzano e sfruttano, dai centri di accoglienza, dai CPR, dalle retate nelle città fino ad arrivare a queste frontiere fatte di divise, gendarmi e militari.
Passando dai paesi della Val Clarée interventi, musica, cori, qualche scritta per terra, manifesti anitfascisti attacchinati.
Non abbiamo dimenticato i responsabili delle tre morti in frontiera dell’ultimo mese, né i delatori di Generazione Identitaria che si divertono a denunciare i migranti di passaggio. Non abbiamo scordato il braccio operativo di questa frontiera, gli uomini in divisa che ogni giorno perseguitano chi è senza un documento, meno degno anche di una qualsiasi merce che ogni giorno circola da un lato all’altro del confine.
Nel mentre il governo italiano, con il suo ministro dell’Interno in verde, si diverte a fare politica sulla pelle dei migranti, chiudendo tutti i porti e bloccando le navi di chi fugge cercando un’altra vita. Questo gioco politico ci fa schifo.
In questa tre giorni siamo TUTT* arrivati a Briançon. Governi e potenti chiudono le frontiere; noi con le nostre pratiche le abbiamo aperte e continueremo a farlo.
La tre giorni è passata. E il dispositivo repressivo frontaliero continua nella sua opera di selezione che è da tempo diventata assassina.
La notte successiva alla conclusione della tre giorni un ragazzo è stato pestato alla PAF (polizia di frontiera francese), dopo essere stato preso dalla polizia mentre cercava di arrivare in Francia. L’hanno pestato perchè non accettava il respingimento in Italia, né di firmare i fogli di « réfus d’entrée ». Nelle ultime settimane sempre più spesso chi cerca di passare il confine si ritrova minacciato dalle armi dei gendarmi e dei militari, che intimano di aprire il fuoco su chi non accetta le intimidazioni.
Negli ultimi giorni numerosi minori sono stati respinti, nonostante anche le loro leggi dicano il contrario. Ieri un ragazzo di diciassette anni, molto malato, ha tentato per due volte di arrivare alla PAF per farsi portare all’ospedale. Voleva essere preso in carico dal sistema francese dopo mesi di malattia non curata nei centri di accoglienza in Italia. Faceva fatica a reggersi in piedi. Gli hanno detto che l’avrebbero portato in ospedale subito. Invece ingannandolo, gli hanno fatto firmare un foglio dal contenuto sconosciuto, prima di riportato in Italia.
La nostra rabbia non si placa, anzi, aumenta. La militarizzazione continua a uccidere. I neo-fascisti non se ne sono ancora andati.
Non lasceremo queste valli in mano a una militarizzazione che continua a uccidere, a gruppi fascisti che tentano di insinuarsi in questi territori. Resteremo su queste montagne, le attraverseremo e continueremo a lottare perché delle frontiere non restino che macerie.